Villocentesi

Villocentesi

Villocentesi

La Villocentesi è una tecnica invasiva di diagnosi prenatale che consente di effettuare un prelievo di villi coriali dalla placenta inserendo un ago sotto guida ecografica attraverso l’addome materno. I villi coriali sono il tessuto che costituisce la placenta e derivano dallo stesso uovo fecondato che si differenzia in embrione, placenta e membrane.

Il patrimonio genetico contenuto nelle cellule placentari è quindi identico a quello dell’embrione e può essere utilizzato per gli stessi scopi dell’amniocentesi. Le cellule dei villi, poste in un appropriato terreno di coltura, vengono fatte crescere in vitro e poi studiate nel loro assetto cromosomico o nel loro DNA. L’esame dei villi coriali, quindi, viene effettuato per esaminare il cariotipo fetale, al fine di evidenziare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche, o per la diagnosi di eventuali malattie genetiche.

L’indicazione principale alla villocentesi è appunto rappresentata dallo studio dei cromosomi fetali. Questi sono presenti nelle cellule del nostro organismo nel numero di 46 o, per meglio dire, di 23 coppie di cromosomi omologhi che derivano in parti uguali dal padre e dalla madre. I cromosomi possono presentare delle anomalie di numero o struttura, vi possono essere quindi cromosomi in più o in meno (aneuploidia), oppure con anomalie della loro struttura. Il caso più frequente e conosciuto è la Sindrome di Down o Mongolismo che è causato dalla presenza di 47 cromosomi con un 21 in eccesso, infatti viene anche definita Trisomia 21. L’incidenza di anomalie dei cromosomi aumenta in parallelo con l’età materna, ma anche nelle donne giovani si possono avere casi di anomalie. Ad esempio se la madre ha 20 anni le probabilità che nasca un bimbo Down sono di 1 : 1.105, se ha 30 anni 1 : 723, se ne ha 40 1 : 92. Il rischio complessivo per tutte le anomalie dei cromosomi è invece all’incirca il doppio.

La diagnosi può essere fatta attraverso la coltura delle cellule dei villi e l’osservazione al microscopio dei cromosomi (tecnica tradizionale), oppure più recentemente utilizzando una metodica di biologia molecolare, chiamata microarray-Comparative Genomic Hybridization (CMA o cariotipo molecolare), che consente di identificare anche alcune patologie derivanti da alterazioni submicroscopiche non visibili con la tecnica tradizionale.

Tramite tecniche di biologia molecolare può inoltre essere eseguita l’analisi diretta di frammenti di DNA per la diagnosi di svariate malattie genetiche quali la talassemia, la fibrosi cistica, la Sindrome del Cromosoma X Fragile (ritardo mentale), la Sordità Congenita, la Distrofia Muscolare di Duchenne-Becker ed altre, i deficit metabolici.

Le principali indicazioni alla villocentesi, simili a quelle dell’amniocentesi, sono:

Viene eseguito preliminarmente un esame ecografico per confermare l’epoca gestazionale, il numero dei feti, la vitalità e la morfologia di questi, la quantità di liquido amniotico e la localizzazione placentare. Il prelievo dei villi coriali viene eseguito sotto controllo ecografico, per via transaddominale e prevede che il sottile ago sia spinto lungo la placenta, parallelamente alle membrane per minimizzare il rischio di perforazioni, e quindi si aspirino i villi con un ripetuto movimento di va e vieni.
Con la tecnica particolare da noi adottata e sperimentata da 30 anni l’esame è pressocchè indolore e dura solamente pochi secondi (circa 20).
schema esecuzione dell villocentesi

schema esecuzione dell villocentesi

Altri operatori, per ridurre le difficoltà tecniche, utilizzano la tecnica del doppio ago (si infigge prima un ago più grosso attraverso il quale se ne fa passare un altro più sottile) che risulta, a nostro avviso, più traumatica ed invasiva e non è necessaria. Il materiale aspirato viene subito posto in una capsula sterile per valutarne la quantità e, qualora questa sia insufficiente, si procede ad una seconda aspirazione (eventualità rarissima).
La villocentesi presenta, rispetto all’amniocentesi, il vantaggio della precocità diagnostica, dato che si può eseguire 3-4 settimane prima, e fornisce gli stessi risultati con un rischio di aborto simile o minore.
Il prelievo dei villi coriali è ancora oggi poco diffuso perché richiede un operatore particolarmente esperto, visto che questa tecnica è più complessa rispetto all’amniocentesi e viene, quindi, eseguita solo in alcuni centri specializzati.
Nelle gravidanze gemellari bisogna distinguere fra gravidanze mono e bicoriali. Nelle bicoriali, cioè quando vi sono due sacche e due placente diverse, bisogna avere un campione di entrambi i feti e quindi eseguire due diversi prelievi, mentre nelle gravidanze monocoriali-monoamniotiche è sufficiente un unico campionamento.

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Il prelievo dei villi coriali trova largo impiego perchè può essere eseguito prima dell’amniocentesi il che rappresenta un grande vantaggio per la gestione del caso, soprattutto in presenza di patologie. Abitualmente viene effettuato a partire dalla 11° settimana di gestazione, ma può trovare la sua applicazione fino al termine della gravidanza. In rari casi la posizione della placenta rende possibile l’esecuzione dell’esame solo dopo le 12-13 settimane (utero retroversoflesso).
Il rischio di aborto viene generalmente quantificato nello 0,5-1%, cioè un caso ogni 100-200 procedure. L’incidenza di aborto e complicanze è strettamente legata alla capacità ed all’esperienza dell’operatore ed il rischio può tranquillamente essere ridotto o aumentato in modo significativo. Nella nostra casistica l’esperienza degli operatori ha consentito di ridurre il rischio di aborto al di sotto dello 0,5% e di azzerare quasi le complicanze.
Noi consigliamo di assumere, dal giorno precedente l’esame, un antispastico per ridurre l’eventuale insorgenza di contrazioni uterine, e di rimanere a riposo a casa per 2-3 giorni. E’ sconsigliabile praticare l’esame in presenza di episodi febbrili della madre ed in caso di minaccia di aborto in corso. Nel caso di madre Rh negativa è opportuno eseguire dopo la villocentesi l’immunoprofilassi anti-D per prevenire la possibile formazione di anticorpi anti Rh.

Esecuzione villocentesi

Villocentesi tradizionale e/o con array CHG

Karyotype – FISH – Array CGH

Karyotype – FISH – Array CGH

Per la determinazione del cariotipo fetale con tecnica tradizionale è necessaria la coltura delle cellule ricavate dalla placenta e la successiva valutazione dell’assetto cromosomico attraverso l’analisi al microscopio.

Le colture cellulari richiedono tempi di attesa di circa 15-18 giorni, a volte ci vuole più tempo perché le cellule si moltiplicano con lentezza o è addirittura possibile che non crescano adeguatamente, il che richiede la ripetizione del prelievo per allestire una nuova coltura. Ciò accade raramente, circa una volta ogni 100-150 prelievi. Per ridurre i disagi derivanti dalla lunga attesa, noi eseguiamo di routine una tecnica di biologia molecolare, Quantitative Fluorescent-Polimerase Chain Reaction (QF-PCR), che consente di ottenere in sole 48 ore una valutazione estremamente attendibile relativa alle principali aneuploidie.

La recente introduzione della tecnica microarray CGH, basata sulla biologia molecolare, consente di effettuare un approfondimento diagnostico di secondo livello che si esegue per integrare l’esame tradizionale. Con questa tecnica non è necessaria la coltura cellulare, e quindi i tempi diagnostici sono più brevi (3-5 giorni), ciò consente una risposta più veloce anche in epoca gestazionale avanzata, e non vi è il rischio di fallimento della coltura cellulare. L’analisi con microarray consente di identificare, oltre alle tradizionali aneuploidie, alcune patologie derivanti da alterazioni cromosomiche submicroscopiche (ad esempio la Sindrome di DiGeorge, la cri-du-chat, la Prader-Willi, etc..) non evidenziabili con il cariotipo tradizionale. E’ particolarmente indicata in feti con malformazioni, Traslucenza Nucale molto elevata ed a supporto dello studio citogenetico tradizionale.

Esito dell’esame

Lo studio della mappa cromosomica fetale richiede circa 15 giorni, la maggior parte dei quali serve per la coltura cellulare. E’ possibile talora che le cellule messe in coltura non crescano adeguatamente, si parla in questo caso di fallimento della coltura. Questa evenienza, estremamente rara e quantizzabile all’incirca nello 0,5 % dei casi, richiede un nuovo prelievo per allestire altre colture. La sicurezza diagnostica dell’esame è molto elevata e gli errori sono assolutamente eccezionali se il genetista ha un’esperienza adeguata. Il nostro Centro offre inoltre la possibilità di avere anche un esito preliminare nell’arco di 2 giorni. Tale esito si basa su una tecnica diversa, QF – PCR, che prevede l’impiego di sonde a DNA specifiche per i diversi cromosomi ed ha una attendibilità del 95 % circa. Il tempo diagnostico nel caso in cui si esegua l’array CGH è invece più breve, essendo una tecnica di biologia molecolare che non necessita di coltura cellulare, ed è possibile aver una risposta in 3-5 giorni riducendo al minimo i tempi di attesa e l’ansietà della paziente. Per ricercare invece agenti infettivi, malattie genetiche o metaboliche, il tempo necessario per la diagnosi è compreso fra i 10 ed i 15 giorni.